Il Bramante-Genga alla commemorazione della Giornata del Ricordo

Sabato 10 febbraio alcune studentesse hanno rappresentato il nostro Istituto alla convocazione straordinaria del Consiglio comunale che si è svolto in Prefettura per la commemorazione della Giornata del Ricordo. Tre di loro, Veronica C., Sadije S. e Rossella G., hanno letto alcune lettere tratte dal libro di Pierluigi Cuccitto sull'esodo dei giuliano-dalmati dopo la Seconda Guerra Mondiale, sulla politica del Ventennio, sulla Questione adriatica, sulle foibe e sull'accoglienza degli esuli.

Il libro si intitola appunto "Dall’Istria a Pesaro. L’esodo, l’Opera Padre Damiani e il comitato per la Venezia Giulia e Zara di Pesaro" e tra le tante storie presenta la luminosa figura di Pietro Calvino Damiani, il sacerdote che fondò l’Opera dedicata alle persone in fuga dalla guerra e dalle persecuzioni titine nell’ex Jugoslavia e il Villaggio del Fanciullo, in Viale Trieste, per ospitare gli orfani e i profughi. Perché i profughi, i perseguitati, gli adulti e i bambini che scappano da scenari di guerra vanno protetti sempre, ovunque e in ogni tempo, se si sceglie di appartenere al consorzio umano.

Questa che segue è l’introduzione che le ragazze hanno scelto di dare alla loro lettura di alcuni stralci di lettere inviate al sacerdote, negli anni e da parti diverse del mondo, da ex profughi che da piccoli furono ospitati e salvati proprio grazie al rifugio ed alla ospitalità della Casa del Fanciullo.

Che anni difficili, quelli, per il nostro Paese. Uscito sconfitto dal secondo conflitto mondiale, lacerato da una guerra civile che lo aveva spaccato in due come un colpo d’ascia che cade su un tronco già spezzato da anni di sacrifici e fame, di odi e paure.
Era un’Italia povera, pezzente, smarrita. Oltre alle città bombardate, alle case abbattute, alle strade, agli acquedotti, ai ponti… era stato colpito il cuore vivo del Paese e c’era tutto un sistema di valori morali ed etici da ricostruire.
Per anni agli italiani era stato insegnato a ragionare per dicotomie: gli amici da aiutare e gli altri da combattere. Noi e loro. Noi e gli altri.
E gli altri, in quel momento, erano gli esuli giuliano-dalmati che oltre ai numerosi disagi pratici, furono costretti a sopportare l’atteggiamento ostile dei connazionali.
Gli esuli arrivati in Italia non venivano accolti in maniera benevola; al contrario. La maggior parte veniva confinata in campi profughi allestiti all’interno di caserme, scuole e strutture di vario genere.

In quel contesto, a Pesaro, un sacerdote di nome Pietro Calvino Damiani, seppe fare la differenza. Fondò l’Opera Padre Damiani e creò il Villaggio del fanciullo, in un edificio in viale Trieste, assicurando vitto, alloggio e istruzione a un numero molto elevato di ragazzi di quelle terre ex-italiane, sottraendoli ai pericoli che su di essi incombevano. Quei ragazzi, divenuti adulti, professionisti, padri di famiglia, per diverso tempo ogni anno, provenendo dalle più svariate località, si riunirono a Pesaro per esprimere gratitudine alla città che li aveva ospitati ed all’operoso benefattore Padre Damiani, che con immensi sacrifici e grande energia aveva assicurato loro un positivo avvenire. Quei ragazzi, divenuti adulti, così scrivevano al loro salvatore…