Progetto Lacrimae Rerum


«Sunt lacrimae rerum et mentem mortalia tangunt» (Eneide, I: 462)

«Le cose hanno lacrime, e le vicende mortali toccano il cuore»

 

La classe I H dell'Istituto Tecnico Economico Tecnologico Bramante–Genga di Pesaro presenta alla Commissione un video dal titolo LACRIMAE RERUM.

Il nostro progetto è infatti partito proprio da qui, da quel “rerum”, dalle cose.  Da alcuni oggetti “ebbri di pianto”, come diceva Giovanni Pascoli, apparsi come macchie di colore mentre scorrevano da uno schermo le immagini di un’operazione di salvataggio nel mare plumbeo, abbandonati su una delle tante spiagge del Mediterraneo dove troppo spesso approdano il dolore e la disperazione dei profughi.

Una bambola, zainetti, blister di medicinali, una scarpa, una corda per saltare, un piccolo giubbetto impermeabile: ognuno di quegli oggetti nascondeva una storia che forse si era arenata lì, su quella spiaggia semideserta una volta terminate le operazioni di soccorso.

I ragazzi della classe I H hanno due peculiarità: la prima è che sono meravigliosamente colorati, hanno tutti le sfumature  del mondo e  il privilegio  di ospitare i figli di quattro continenti sui cinque del nostro globo!

La seconda è che sono curiosi, investigatori e cacciatori di storie: sapevano bene, vista appunto la configurazione del gruppo classe , quante possano essere le strade della terra e del mare  e quanto necessario sia, a volte,  doverle percorrere. Quello che volevano scoprire erano le emozioni che guidano i passi su quelle strade.

Cosa prova chi parte? Ha paura? Cosa spera? E gli altri che restano? E una volta arrivato?

Abbiamo dedicato molta parte dell’anno scolastico in corso alla lettura delle emozioni; piccoli laboratori di scrittura per imparare a raccontarle, letture di storie, racconti e romanzi, film. Per completare il cerchio, però, ci servivano altri due elementi: volevamo conoscere le emozioni della  realtà che nelle aule scolastiche sembrano non arrivare e le emozioni raccontate nella poesia.

E così, i ragazzi hanno deciso di fare delle interviste a persone arrivate in Italia per ragioni diverse e  che qui si erano stabilite: vicini di casa, in alcuni casi i loro stessi genitori, oppure parenti o amici più grandi. A sorpresa, due di loro, due studenti arrivati da lontano, hanno accettato di raccontarsi, di farle entrare dunque nell’aula, quelle emozioni così forti che volevamo capire e conoscere. Le interviste più belle sono poi state trasformate in storie, in piccole narrazioni; cinque di quelle ora sono anche nel video.

E poi sono arrivate le canzoni: una classe variopinta è necessariamente anche multitasking e piano piano sono spuntate tre autrici/cantanti, qualche singer che ha prestato la voce per rappare degli incisi ed un chitarrista che ha scovato gli accordi giusti e li ha messi in musica. Le loro note accompagnano le storie che il video racconta.

Intanto, studiando l’epica, abbiamo letto alcuni passi dell’Eneide e non poteva non emozionarci la storia di Enea: anch’egli era un profugo, un fuggiasco che  deve abbandonare la città natale martoriata dalle fiamme e dalla violenza per salvare la propria vita e quella della sua famiglia.  Ed è lui stesso che, giunto a Cartagine, accolto dalla regina Didone, (emigrata a sua volta da Tiro),  mentre visita il tempio di Giunone all’interno del quale è raffigurata la distruzione della sua città, si commuove ed afferma: «sunt lacrimae rerum et mentem mortalia tangunt» (Eneide, I: 462).

«Le cose hanno lacrime, e le vicende mortali toccano il cuore». 

Quelle  lacrime, dunque,  che a noi suscita la visione dei relitti, dei  tanti oggetti quotidiani, pezzi di vita spezzata che i migranti lasciano per mare e che a volte riaffiorano sulle nostre coste, sono  della stessa qualità umana delle lacrime di Enea. Hanno lo stesso, identico sapore: la nostalgia, la mancanza, il rimpianto, il distacco, la perdita. Eppure  nascondono anche la speranza di un cambiamento, di una vita più dignitosa e felice, più equa, più umana.

Sono le lacrime della Storia, sono la sofferenza e l’ineluttabilità della storia. Abbiamo allora cercato tracce di questi dolorosi percorsi anche nel nostro studio delle civiltà del passato e trovarle è stato fin troppo facile: quanti popoli fuggiti per occupazioni ingiuste, o da un Paese in guerra, alcuni spinti ad allontanarsi dalla fame, altri dall’odio!

Molti uomini, donne e  bambini percorrono oggi la stessa rotta che migliaia di anni fa percorse l’eroe troiano, Enea. Come Tesfalidet, il migrante eritreo morto il giorno dopo il suo sbarco a Pozzallo del 12 marzo dalla nave Proactiva della ong spagnola Open Arms, per le gravi conseguenze delle torture subite nei mesi di prigionia in Libia. Nel  suo portafogli fu ritrovato un foglio con un testo in tigrino ancora intriso di salsedine: erano le sue poesie.

“Non ti allarmare fratello mio/ dimmi, non sono forse tuo fratello/ Perché non chiedi notizie di me?/ È davvero così bello vivere da soli se dimentichi tuo fratello al momento del bisogno?»

Enea, iactatus ab undis, alla fine del viaggio  troverà infine la compassione, la solidarietà e l’amore.

Il sogno è che questa umanissima ma divina capacità di partecipare  alla sofferenza dei mortali non venga mai cancellata dalla pagina che reca il titolo “UMANITA’”.

Pesaro, 18/05/2019

L’INSEGNANTE
Patrizia Lucangeli