Una comunità viaggiante
Caelum, non animum mutant qui trans mare currunt ("Mutano non il loro animo, ma il cielo coloro che vanno per mare") è una celebre frase tratta dalle Epistole di Quinto Orazio Flacco (Epistulae, I, 11, v.27). Smentire un classico come Orazio è impresa titanica, lo sappiamo. Eppure il nostro animo, nei cinque giorni del viaggio d’istruzione in Germania, è davvero cambiato, anche se non abbiamo attraversato nessun mare ma soltanto le Alpi.
Forse è accaduto perché in poche ore abbiamo smesso di essere un gruppo disomogeneo di studenti di classi diverse e di docenti appartenenti a discipline e Consigli differenti per diventare una Comunità viaggiante. Dal nostro zaino abbiamo progressivamente scaricato molti pesi inutili: la diffidenza, i dubbi, le idee preconcette. Abbiamo così viaggiato più leggeri, scegliendo di portare con noi la prudenza nel giudizio, ma non le paure. L’apertura mentale, non il pregiudizio. L’entusiasmo, la curiosità, le emozioni, l’amore, la tenerezza, la comprensione e non la diffidenza. E soprattutto il desiderio di conoscere e riconoscere la complessità del mondo che ci circonda, nella sua magnificenza e nella sua mostruosità. Perché «Molte potenze sono tremende ma nessuna lo è più dell’uomo”, come recita l’Antigone di Sofocle che nomina questa natura ambigua che contraddistingue l’essere umano con l’aggettivo greco deinòs. L’indagine di questa complessità, di queste sfumature contrastanti che accompagnano la vita e la storia degli uomini è stata la chiave di volta dell’intero viaggio: deinòs, declinato al plurale, è infatti il nome con cui ha scelto di connotarsi l'associazione di promozione sociale Deina che ha collaborato con il nostro Istituto nella realizzazione di questa esperienza di viaggio tematico ed esperenziale, di confronto e di crescita personale.
Tutto il progetto del viaggio, del resto, è stato un lancio di dadi: è nato da un deciso intento di cambiare lo sguardo, i presupposti e gli obiettivi dei viaggi d’istruzione da progettare nel nostro Istituto, dal proposito chiaro di restituire loro una valenza educativa e culturale marcata, di offrire la possibilità del viaggio come completamento essenziale di un percorso didattico e non come offerte di un’agenzia di viaggi on demand. Consapevoli delle inevitabili resistenze che ogni cambiamento netto produce, ci abbiamo comunque creduto ed ora più che mai siamo convinti che sia questa la strada da percorrere. Accondiscendere ai desideri degli studenti non è sempre la scelta migliore; loro chiedono ciò che già conoscono, e temono ciò che è nuovo e non ancora praticato: la grande città della movida, la discoteca, l’ebbrezza serale sono diventati i riti ormai decennali del turismo scolastico. Spiazzarli non è stato semplice, ma è stato entusiasmante: tranne poche eccezioni, quasi tutti si sono presto messi in gioco, hanno compreso che si stavano cimentando in un’esperienza per loro inedita, si sono fidati degli adulti che li accompagnavano perché ognuno di loro a suo modo trasmetteva valore a ciò che si stava facendo. Le insegnanti che con loro ascoltavano, prendevano appunti, imparavano. L’autista del pullman che ci seguiva in tutte le visite, anche le più scomode e difficili. I nostri due accompagnatori dell’agenzia Deina, Diego e Filip, che con la loro disarmante umanità e le loro competenze ci hanno mostrato un modo diverso di essere “giovani”: divertenti, scanzonati, scherzosi, eppure preparati, affidabili, attenti, premurosi, ben organizzati.
γνῶθι σαυτόν- Gnōthi seautón. “Conosci te stesso”: era l’esortazione incisa all’ingresso del tempio di Apollo a Delfi, ad accogliere i visitatori. Un invito a crescere, evolversi, conoscersi nella propria interiorità, a sapersi adattare per superare le difficoltà che si presentano davanti ed al tempo stesso a ricordarsi che tutti abbiamo dei limiti. Presuntuosamente, forse, abbiamo anche noi cercato di accogliere quell’invito: un viaggio per conoscere una pagina tragica della storia contemporanea, ma anche un percorso di educazione civica, di ricerca interiore delle risposte, di accoglienza dell’altro, di pratica della condivisione, di riflessione e rielaborazione personale.
Nel viaggio di andata eravamo un pullman con sette adulti ben composti e cinquantacinque studenti: c’erano quelli che ascoltavano musica rap, gli altri che mettevano la techno, chi aveva le cuffie e chi cantava, chi guardava il cellulare, chi chattava, chi dormiva. Al ritorno le telecamere installate sulle autostrade tra il Brennero ed il casello di Pesaro hanno registrato il passaggio di una sorta di battello ebbro su ruote, carico di emozioni forti, di parole potenti e canzoni leggere, di corpi che si muovevano e sorrisi che si intrecciavano alle lacrime, un’umanità viaggiante che aveva trovato un respiro comune nelle esperienze condivise.
Nel mezzo c’è stato il famoso “trattino”: come nella metafora della vita circoscritta tra due date, quel che conta è l’intermezzo a cui dare significato, contenuto e valore. Abbiamo visitato due città che hanno fatto ciò che fanno le date nell’esempio: sono state cioè le due porte che hanno aperto e poi chiuso una storia, nello specifico quella del Nazional-socialismo. Muovendo dalla città di Monaco – dove Hitler covò le teorie sfociate nell’ideologia nazista, dove tentò il fallito putsch del 1923 e dove un gruppo di studenti darà poi vita al gruppo di opposizione La Rosa Bianca, ci siamo poi trasferiti a Norimberga, altra città simbolo dell’ascesa del nazionalsocialismo. Norimberga è la città della propaganda, della tradizione e del processo ad alcuni dei criminali del regime a guerra conclusa. Tra le due, abbiamo visitato il primo campo di concentramento del terzo reich, Dachau, luogo emblematico del sistema di dominio proprio del pensiero nazista.
Il fil rouge seguito è stato quello di fare spazio, oltre ai racconti delle vittime, anche alla narrazione dei carnefici, per conoscere e comprendere il punto di vista dei responsabili, il loro racconto delle vicende, le giustificazioni che si davano, i convincimenti ideologici alla base di quei comportamenti individuali e collettivi che resero possibile lo sterminio. Capire quanto pervasiva sia stata la propaganda, la diffusione di modelli economici, politici e culturali che si basavano su assunti ideologici e morali che a quel tempo trovavano ampio consenso, fino a radicarsi nella mentalità dei singoli e dei gruppi, è stato un passo necessario per sfuggire ai giudizi semplicistici e riduttivi che ci farebbero sentire immuni e lontani da quel male. Lavorare sulla complessità, sulla pluralità degli sguardi, sull’esistenza di percezioni, punti di vista e motivazioni diverse: questo è stato l’approccio che l’agenzia Deina ci ha suggerito, per farci in un secondo momento riflettere sulle scelte possibili, sui margini, seppur minimi ed angusti, che è possibile individuare e tentare anche in situazioni dittatoriali, di totale deprivazione degli spazi di libertà.
Come il falegname Georg Elser che tenta di fermare la follia nazista e che, dal momento che prende quella decisione, lavora con tenacia all'esecuzione del suo piano incredibile: uccidere Hitler, il grande dittatore. E lavora per più di due mesi, notte dopo notte, nel buio quasi totale illuminato solo da una piccola torcia, in ginocchio, sempre attento a non fare troppo rumore, per sistemare nella colonna della nota birreria l'ordigno che avrebbe potuto cambiare il corso della storia se il caso non avesse scompigliato tutto il piano. Come l’uomo comune che per raggiungere Odeonplatz prendeva la Via della vergogna pur di non umiliarsi nel saluto di omaggio al monumento fatto erigere da Hitler per i 15 “martiri del sangue” che con lui avevano tentato il Putsch del 1923. Come chi non volle alzare il braccio nelle adunate, chi portò comunque aiuto ai perseguitati, chi non scelse di girarsi dall’altra parte, per non vedere e non sapere.
Pochi, è vero. Proprio da quel punto di osservazione, dopo aver assistito ai processi di Norimberga, Hannah Arendt ci ha messo in guardia contro l'assunzione che il male sia sempre il risultato di intenzioni malvagie o di individui patologicamente devianti, ci ha suggerito che il male è spesso banale. Ciò ci invita a interrogarci sulla nostra capacità di pensiero critico, sull’empatia verso chi ci appare diverso, sulle responsabilità etiche ancora impellenti nel presente, in un mondo sempre più interconnesso e complesso.
Patrizia Lucangeli
A nome del gruppo docente