Vincenzo Giordani committente e collezionista del secolo XVIII a Pesaro
Giovedì 26 maggio presso L’ITET “Bramante-Genga” si è tenuta la lezione conclusiva del ciclo di incontri dal titolo La cultura apre tutte le porte. La prof.ssa Bruna Casiere ha presentato la figura dell’abate Vincenzo Giordani, discendente di una nobile famiglia pesarese le cui origini risalgono al XV secolo, ricordata dalle fonti in modo particolare quando Giulio Giordani, che lavorava al servizio del duca Francesco Maria II della Rovere, accolse nel suo palazzo, sito tra via Mazza e via Barignani, Torquato Tasso.
L’abate Giordani visse nella seconda metà del XVIII sec. non nel palazzo di famiglia ma nella dimora materna, palazzo Pupi ora Scattolari, in via Petrucci. Aveva infatti ottenuto dal pontefice la dispensa dallo svolgere vita comunitaria all’interno dell’ordine domenicano, cui apparteneva, per assistere l’anziana madre vedova. È a palazzo Pupi che l’abate decise di apportare interventi di ampliamento e di abbellimento, che comprendono un ciclo di decorazioni di ispirazione classicista, commissionati ad un allievo di Giannandrea Lazzarini, Pietro Lonzi. Contestualmente alla ristrutturazione dell’edificio di città l’abate raccolse una nutrita quadreria, oggi dispersa, ospitata sia nel palazzo di via Petrucci che nella villa di campagna da lui fatta edificare lungo la via Flaminia, all’altezza di Muraglia. Pregevole di questo edificio sono il portone in finto bugnato e l’oratorio di S. Emidio, dove è tuttora conservato il dipinto d’altare di Pietro Lonzi che raffigura una Madonna con Bambino, S. Caterina da Siena, S. Francesco di Sales e S. Emidio, protettore contro i terremoti, allusione forse ai terribili sismi che negli ultimi anni del ‘700 distrussero Cagli e danneggiarono Urbino. Molto interessante di questa villa, prima Giordani Machirelli, oggi villa Guerrini, è il giardino che ospita una limonaia protetta da una serra settecentesca completamente smontabile, costituita da strutture in legno e da tegole che ogni anno gli attuali proprietari rimuovono nel periodo estivo. Il rogito notarile, che contiene l’inventario dei beni della famiglia Giordani Pupi alla morte dell’abate, menziona ben ottanta piante di limone in vaso custodite nel giardino della villa testimoniando che la delicata coltivazione degli agrumi era centrale nelle attività di quel possedimento del Giordani.
La relazione della professoressa Casiere, molto minuziosa e circostanziata, nasce da una ricerca, progettata e coordinata da Giovanna Patrignani diversi anni fa, sugli atti notarili conservati presso l’Archivio di Stato di Pesaro i quali, attraverso l’analisi degli inventari dei beni e delle suppellettili oggi perdute delle famiglie pesaresi, forniscono allo studioso la possibilità di ricostruire, e la professoressa lo ha fatto in maniera magistrale, uno spaccato interessante e vivo della vita quotidiana, dei valori e dei gusti estetici dei nobili pesaresi di fine settecento. Emerge infatti una società che seguiva stili di vita sobri e riservati, ma molto attenta alle ragioni della bellezza e dell’eleganza. Non a caso Pesaro veniva chiamata la Atene delle Marche.
Infine vorrei ringraziare la prof.ssa Fuligna che ha coordinato l’iniziativa La cultura apre tutte le porte perché ha avuto il coraggio di ricordarci, cosa non scontata, che la scuola è e deve tornare ad essere sempre di più, prima di tutto luogo di cultura e di passione per il sapere.
Sabrina Sandroni