Distanti ma Insieme


Lezioni sospese in tutto il territorio nazionale, tutte le classi inattive e centinaia di migliaia di alunni a casa: la quarantena causata dal Covid-19 riguarda anche la didattica che si trova a dover sperimentare, nel concreto e con urgenza, forme di insegnamento a distanza.

Edmodo, Classroom, Weschool, Meet, Moodle, tanti sono i siti, le app, le piattaforme, i link che i docenti possono utilizzare per garantire comunque un contatto formativo con i propri studenti. Sono strumenti che, fino ad ora, sono rientrati solo occasionalmente nella prassi delle attività scolastiche, ma che adesso rappresentano l’unica possibilità per fronteggiare l’emergenza sanitaria del Paese senza trascurare la formazione dei giovani.

Anche l’ITET Bramante Genga ha tempestivamente allertato la propria task force: animatore digitale, equipe di tecnici, docenti vari hanno celermente fatto un primo bilancio delle piattaforme già disponibili e di quelle, invece, attivabili in tempi brevi.

I primi giorni di questa sospensione della vita scolastica erano scorsi via in uno strano e sconosciuto limbo, trasportati dall’incredulità, dalle notizie contrastanti, dalla sensazione che presto si sarebbe tornati alla normalità: questione di qualche giorno, una settimana al massimo. Poi queste sono diventate due, poi altre due ed ora… chissà. Il colloquio con i nostri ragazzi nei primi giorni è stato prevalentemente di tipo umano; ci chiedevamo reciprocamente notizie e noi docenti cercavamo di rispondere ai loro dubbi ed alle loro paure anche di natura scolastica, per rassicurarli. Poi è scattata la seconda fase, quella in cui abbiamo tutti preso coscienza che il mostro da tener fuori dalle nostre aule e dal nostro Campus era molto più temibile del previsto, che serviva tempo, parecchio tempo, per poter attraversare la fase dell’emergenza e che quindi era necessario organizzarsi.

Abbiamo così iniziato a condividere con i ragazzi degli esercizi e del materiale didattico proponendo esperienze di autoformazione; uno strumento efficace soprattutto quando lo si sostiene con una buona spinta al senso di responsabilità e si fornisce un contributo pratico di materiali, mezzi, tempi etc. In tempi brevi, poi, il nostro animatore digitale, prof. Roberto Baldascino, con la preziosa collaborazione del tecnico Daniele Cattolico e di altri docenti competenti negli strumenti di condivisione on-line hanno individuato le varie piattaforme per creare comunità di lavoro, classi virtuali di studio dove poter anche condividere materiali ed attività varie. La più agevole è risultata essere MEET, un’app di G-suite di Google, di facile utilizzo e che consente una buona possibilità di interazione e scambio. La prima occasione per conoscerne le potenzialità ci è stata fornita dal Collegio Docenti del 04/03/2020: il primo collegio in videoconferenza della nostra scuola. Un’esperienza nuova, fortemente voluta dal Dirigente scolastico Anna Gennari che ha accettato la sfida alla distanza fisica: anche grazie al supporto dei suoi collaboratori, a parte i trascurabili inghippi tecnici dovuti alla assoluta novità dello strumento, possiamo senz’altro affermare che la video-conferenza ha funzionato più che bene.

Non è semplice; nulla in questo momento lo è. E’ una situazione assolutamente imprevedibile, sconcertante, che ci impone scelte rapide ed una notevole capacità di adattamento alle nuove esigenze della didattica. In un suo bellissimo articolo “La scuola, il Covid-19 e la teoria del cigno nero” http://www.scuola7.it/ il nostro animatore digitale, il prof. Baldascino ha citato la metafora dell’esperto di finanza, nonché filosofo, Nicholas Taleb che nel suo saggio intitolato appunto, “Il cigno nero”, sottotitola “Come l’improbabile governa la nostra vita”. La proposta che Baldascino lancia è quella di “una particolare sperimentazione da attuare sin dal prossimo anno scolastico. Tutte le scuole dovranno dedicarsi per un certo periodo alla formazione a distanza. […] Dagli approcci tradizionali e ondivaghi degli ultimi anni che hanno caratterizzato lo sviluppo del digitale nella scuola si passerebbe ad una forma sistematizzata con un obiettivo per tutte le scuole ben chiaro da raggiungere”.

I poeti parlano di qualcosa di simile chiamandola resilienza, altri la definiscono “serendipity”: si tratta comunque di saper trovare anche nelle contrarietà, negli imprevisti che ci costringono a rinunce e/o cambiamenti delle occasioni di crescita, di scoperta, di avanzamento. Così potrebbe accadere al mondo del lavoro, costretto a sperimentare in questi giorni l’home working e così potrà accadere anche alla didattica, ora che tutti siamo stati costretti a fare i conti con questa esigenza di garantire processi formativi anche a distanza.

L’umanista che è in me patisce molto la seconda parte di questa definizione: la parola “distanza” stride con il concetto umanistico di “educare”, “ex ducere, e poi mescolare le idee, svegliare dubbi, far passare la luce”, come ha scritto Roberto Galiano in un interessante articolo apparso proprio in questi giorni su vari siti e testate che si occupano di scuola e didattica.

Inoltre, a mio avviso essa va bene per tamponare un'emergenza, ma la scuola non è solo apprendimento, è soprattutto relazione, partecipazione, inclusione e queste forme didattiche possono essere insidiose per le fasce di studenti più vulnerabili. Quelli che dobbiamo riacchiappare quando li vediamo vagare altrove anche quando sono presenti, ad esempio. Valentina Petri è un’ autrice emergente che insegna in un Istituto professionale in Piemonte e che in “Portami il diario”, una sua esilarante pagina FB dove racconta le sue giornate di vita scolastica, scrive: “La mia è sempre didattica a distanza, nel senso che loro sono distanti anni luce da quello che io cerco di spiegare. Tipo, io spiego l’amor cortese, e loro chattano con la tipa, che, insomma, non sempre è proprio amor cortese”. E anche sulla lezione frontale ci sarebbe da dire, perché dopo l’intervallo vagabondano per ore, per l'istituto finché non urlo di tornare, e non che mi stiano proprio di fronte».

Ecco per me, come per Valentina, la scuola ha propri quei frames lì, quei colori e quei suoni. E spero di ritrovarli presto nelle mie mattinate da prof.

Patrizia Lucangeli